“Habemus papam”: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza va alla prova dei fatti

La Camera dei deputati, con una maggioranza praticamente bulgara, ha approvato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), già approvato dal Consiglio dei Ministri.

Si avvia una procedura, articolata e complessa, diretta ad ottenere entro breve tempo la prima tranche di finanziamenti.  

Entro il 30 aprile, la Commissione europea attende dall’Italia la versione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Non solo progetti: c’è il destino di un Paese” queste sono le parole iniziali con le quali Mario Draghi ha presentato al Parlamento il Piano italiano di utilizzo delle somme elargite, a vario titolo, dall’Unione Europea e che oggettivamente supera in qualità quello licenziato dal Governo Conte bis.

La speranza che il mondo politico, imprenditoriale e i cittadini tutti stanno nutrendo è che Mario Draghi faccia il miracolo e che le risorse mobilitate e da spendere in un arco temporale ristretto, qual è il 2026, possano consentire al Paese di rimettere in moto il proprio tessuto produttivo ed economico e fargli superare la crisi entro il quale è precipitato a seguito della perdurante pandemia.

Una delle ragioni, forse la più importante, per cui il Governo Conte è stato costretto alle dimissioni è stata, oltre ad un quasi inesistente piano vaccinale nazionale, proprio la predisposizione di un Piano di investimenti credibile e che, pertanto nel caso del Conte bis, non è sembrato all’altezza delle sfide che l’Italia è chiamata a sostenere nei prossimi anni.

Nicola Di Iorio

Il Piano, come è noto, si inserisce all’interno del vasto e significativo programma meglio conosciuto come Next Generation EU (NGEU), costituito da un pacchetto da 750 miliardi di euro concordato in sede Europea in risposta alle conseguenze della crisi pandemica da Covid-19.

L’Italia è la prima beneficiaria in Europa dei due strumenti del NextGen UE: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto.

L’attuale Piano italiano, quello predisposto dal Governo Draghi, prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati con il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, che è lo strumento finanziario del NGEU che, ovviamente, deve seguire pedissequamente la disciplina e le condizioni previste dal Next Generation EU. A questa somma si aggiungono ulteriori 30,6 miliardi che, invece, sono parte di un Fondo complementare esclusivamente nazionale, in quanto finanziato attraverso gli scostamenti di bilancio che il Consiglio dei ministri è chiamato continuamente ad approvare in questi mesi. Tali somme fuoriescono dalla disciplina di rendicontazione e dalla tempistica fissata in sede europea. Insomma, il totale degli investimenti previsti è pertanto pari a 222,1 miliardi di euro. Tuttavia, al Piano nazionale complementare, da affiancare al dispositivo europeo, si aggiungono altri 26 miliardi di euro da destinare alla realizzazione di opere specifiche come, solo per fare un esempio, la linea ferroviaria ad Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria e l’attraversamento di Vicenza relativo alla linea ad Alta Velocità Milano-Venezia. Infine, è previsto il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, utilizzate nell’ambito del dispositivo europeo per il potenziamento dei progetti ivi previsti per 15,5 miliardi. Nel complesso, quindi il PNRR ammonterà a circa 248 miliardi di euro, una cifra straordinaria e, probabilmente, irripetibile.

Secondo le stime del Governo italiano, si ipotizza che il PNRR abbia un impatto positivo e significativo sulla crescita economica e sulla produttività. Infatti, lo stesso Governo prevede che nel 2026, cioè dopo la conclusione degli investimenti previsti nel Piano, il Pil sarà di 3,6 punti percentuali, più alto rispetto allo scenario di partenza accompagnata da una speranza di crescita dell’occupazione di 3,2 punti percentuali.

Il Piano, nato anche nell’ottica di un riequilibrio e convergenza della crescita del Sud, destina 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio. Di conseguenza si parla di una quota del 40 per cento.

Tra il già citato Piano Conte e questo presentato da Mario Draghi sembrano già emergere alcune differenze non formali.

In effetti, nel Pnrr del governo Conte bis si stimavano circa 197 miliardi provenienti dal cosiddetto Recovery and Resilience Facility con un’aggiunta di 14 miliardi non confermati dall’Ue per un totale di circa 211 miliardi. La successiva ripartizione della spesa prevedeva il 21,6 per cento destinato alla Digitalizzazione, il 32 per cento alla Rivoluzione verde, il 15,2 per cento alle Infrastrutture per la mobilità sostenibile, il 12,7 per cento all’Istruzione e alla ricerca, il 10 per cento all’Inclusione sociale e l’8,5 per cento  alla Salute.

Nel PNRR presentato da Mario Draghi, su un totale rivisto di 191,5 miliardi provenienti dal Recovery and Resilience Facility e 30,6 miliardi provenienti dagli scostamenti di bilancio, prevede che il 27 per cento vada alla Digitalizzazione, il 40 per cento alla Rivoluzione verde, il 13 per cento alle Infrastrutture per la mobilità sostenibile, il 17 per cento a Istruzione e ricerca, il 10 per cento per l’Inclusione sociale e l’8 per cento alla Salute.

Una differenza significativa si registra proprio sulla voce Istruzione e ricerca, portato dal 12,7 per cento del vecchio testo del PNRR all’attuale 17 per cento, a testimonianza di una attenzione non di maniera nei confronti della formazione, dell’istruzione, della cultura e della ricerca ritenuti dei veri e propri investimenti sul futuro delle nuove generazioni.

Il Piano include, inoltre, un pacchetto di riforme che toccano, tra gli altri, gli ambiti importanti della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza.

In effetti “si tratta di un intervento epocale”, come lo ha definito lo stesso presidente Mario Draghi, la cui finalità non è solo quello di rimarginare le ferite, sul piano economico e sociale, inferte dalla crisi sanitaria e dalle conseguenti misure di contenimento, ma anche di “contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana, e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale”. Tale Piano quindi interviene in un Paese particolarmente colpito dalla pandemia di Covid-19 tanto che nel 2020 il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2 per cento.

Sbaglieremmo tutti a pensare che il PNRR sia solo un insieme di progetti, di numeri, obiettivi, scadenze. Nell’insieme dei programmi c’è anche e soprattutto il destino del Paese“, questa è una delle frasi centrali del pensiero di Draghi che diventa una sorta di manifesto da cui prendere le mosse per tentare di costruire un giudizio e una valutazione.

Il Piano è stato organizzato in sei missioni.

  1. “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” che stanzia complessivamente      49,2 miliardi. 

L’obiettivo è di promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori fondamentale per l’economia italiana quali sono il turismo e la cultura. 

Gli investimenti previsti nel piano assicurano l’espansione e la fornitura della banda ultra-larga e delle connessioni veloci in tutto il Paese. In particolare, si prevede una connettività a 1 Gbps in rete fissa per circa 8,5 milioni di famiglie e per 9.000 edifici scolastici che ancora ne sono privi e assicurano connettività adeguata ai 12.000 punti di erogazione del Servizio Sanitario Nazionale.  Inoltre, viene avviato anche il Piano Italia 5G.

  • “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” che stanzia complessivamente 68,6 miliardi.

Gli obiettivi sono di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. Il Piano prevede investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, per raggiungere il target ambizioso del 65% di riciclo dei rifiuti plastici e del 100% di recupero nel settore tessile. Inoltro vengono stanziati fondi per il rinnovo del trasporto pubblico locale, per incrementare l’efficienza energetica di edifici privati e pubblici, per sostenere la filiera dell’idrogeno, quella delle infrastrutture idriche e raggiungere un cospicuo livello di riduzione del dissesto idrogeologico.

  • Infrastrutture per una Mobilità Sostenibileche stanzia complessivamente 31,4 miliardi.

Si prevedono investimenti nei trasporti ferroviari ad alta velocità, nella modernizzazione e potenziamento delle linee ferroviarie regionali, nel sistema portuale e nella digitalizzazione della catena logistica.

  • Istruzione e Ricercache stanzia complessivamente 31,9 miliardi di euro. 

Il Piano investe negli asili nido, nelle scuole materne, nei servizi di educazione e cura per l’infanzia, crea 152.000 posti per i bambini fino a 3 anni e 76.000 per i bambini tra i 3 e i 6 anni. Inoltre si prevede di investire nel risanamento strutturale degli edifici scolastici, con l’obiettivo di ristrutturare una superficie complessiva di 2.400.000 metri quadri.
Inoltre, si prevede una riforma dell’orientamento, dei programmi di dottorato e dei corsi di laurea. Infine, si sviluppa l’istruzione professionalizzantee si rafforza la filieradellaricerca e del trasferimento tecnologico.

  • Inclusione e Coesioneche stanzia complessivamente 22,4 miliardi.

Si prevede lo sviluppo dei centri per l’impiego e nell’imprenditorialità femminile, con la creazione di un nuovo Fondo Impresa Donna. Si rafforzano i servizi sociali e gli interventi per le vulnerabilità. Sono previsti investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali e interventi di rigenerazione urbana per le periferie delle città metropolitane. 

  • Saluteche stanzia complessivamente 18,5 miliardi.

ll suo obiettivo è rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare   e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure. 
Il Piano investe nell’assistenza di prossimità diffusa sul territorio e attiva 1.288 Case di comunità e 381 Ospedali di comunità. Si potenzia l’assistenza domiciliare per raggiungere il 10 per cento della popolazione con più di 65 anni, la telemedicina e l’assistenza remota, con l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali.
Inoltre il Piano prevede di investire nell’aggiornamento del parco tecnologico e delle attrezzatture per diagnosi e cura, con l’acquisto di 3.133 nuove grandi attrezzature, e nelle infrastrutture ospedaliere, ad esempio con interventi di adeguamento antisismico. 

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