LA STORIA E’ MAGISTRA VITAE ED INSEGNA ALLE COMUNITA’, DI OGNI TIPO, COME PROCEDERE IN AVANTI

Ho sempre pensato che ci sono momenti nella vita, pubblica e privata, che bisogna necessariamente rispettare la storia ed il passato delle persone o delle istituzioni, private e pubbliche.

La storia non può essere di parte. La storia è oggettiva, frutto a volte di studi ma anche di evidenze inequivoche, Ed in fondo la storia è patrimonio di tutti, di una piccola comunità come di una grande città fino ad arrivare alla comunità nazionale. Nel 1986 mi spesi nel tentativo di evitare la cancellazione di una scritta che recava la parola “Dux” che era impressa in un muro nel centro storico a testimonianza di un periodo storico che, per quanto mi riguarda, non può che essere definito nefasto. Ma ci sono state generazioni che in altri tempi hanno creduto in ciò che quella scritta evocava. Evitai la furia iconoclasta della cancellazione così come avrei fatto se su un muro fosse stata iscritta una falce e martello, dalla cui ideologia di base pure mi sono tenuto ideologicamente sempre ben lontano.

Ma il rispetto delle storie deve essere totale, a prescindere da simpatie e antipatie personali. Qualche giorno fa il mio paese, con una deliberazione di consiglio comunale, all’unanimità, ha deciso di intitolare una “piazzetta” ai piedi del centro storico di Taurasi ad Antonio Mastroberardino, autentico gigante della vitivinicoltura, non solo irpina e campana ma anche dell’intero meridione d’Italia. Ho votato convintamente in questa ottica riconoscendo al Cavaliere Mastroberardino, che ho avuto modo di conoscere nel 2003 quando lui divenne il primo presidente del consorzio di tutela dei vini d’Irpinia ed io ricoprivo il ruolo di presidente della comunità montana Terminio Cervialto, conoscenza del mondo contadino, conoscenza del mondo della vitivinicoltura, non solo irpina, e la capacità e la credibilità per difendere e tutelare, praticamente in solitario, le produzioni autoctone irpine. La storia della famiglia Mastroberardino e l’importanza che essa ha avuto per salvare, tutelare e rilanciare l’enologia campana ed irpina, a partire dai periodi difficili della fillossera e del secondo dopoguerra, è una storia che non può accettare discussione o dubbi. E’ una storia limpida, sotto questo aspetto, che i posteri hanno il dovere di omaggiare e ricordare, come ha fatto intelligentemente il comune di Taurasi. Attraverso questo riconoscimento sono saliti agli onori del ricordo anche tutti coloro che a Taurasi, negli altri comuni dell’Irpinia e nelle istituzioni preposte si sono battuti per tutelare e valorizzare le denominazioni irpine, a partire da quella del Taurasi docg.

Il territorio deve recuperare ogni filo che unisce, evitando le spine dei momenti divisivi che, ovviamente, pur esistono.

Nel 2015 Antonio Caggiano, in occasione della cerimonia in cui fu premiato il suo Taurasi docg con l’oscar del vino, ha lasciato un insegnamento di come si promuove un intero territorio. Una volta salito sul palco Antonio, pur potendo menzionare la sua azienda, e vivaddio avrebbe ben potuto legittimamente farlo, parlò solo della Campania, dell’Irpinia e di Taurasi, il suo paese. Nemmeno una parola per se stesso ed il suo lavoro di cantiniere. Una grandezza che gli va riconosciuta ora che l’azienda vive una seconda giovinezza nelle sapienti mano di Pino cosi come la Mastroberadino continua la sua storia di grandezza nelle altrettanto sapienti e colte mani di Piero.

Sono storie oggettive come lo sono tante altre storie, piccole o grandi che siano, che sono state impegnate negli anni a difendere e valorizzare una terra eccessivamente rissosa come quella Irpina.

Mario Soldati nel suo libro “Fuga in Italia” raccontava la sua fuga dopo l’armistizio dellotto settembre, insieme a Dino De Laurentis, futuro cineasta, verso la terra natale dei De Laurentis, Torella dei Lombardi. Arrivato a Taurasi chiese la via più breve per raggiungere Torella. Due signori del posto cominciarono uno sterile litigio sulla strada da seguire. Un litigio sul niente, privo di valutazione di quale fosse, invece, l’interesse comune. Ho la netta sensazione che in questi anni, in Irpinia,in particolare, ma anche in Italia, le comunità di cittadini, o di lavoro è uguale, sono cadute nel vortice dell’inutilità dialettica, lontana da una visione d’insieme degli interessi in gioco, tutto ripiegato a salvare e tutelare miseri e sterili interessi di bottega.

La storia non potrà mai ricordarsi delle miserie ma solo delle visioni e programmazioni frutto di passioni, di sacrificio, di studi e di lavoro. La politica non risponde, ovviamente alle stesse logiche della storia e nemmeno della morale e pertanto, in questo modo, si giustifica praticamente tutto, Tuttavia anche la politica, in sede locale o in sede più ampia, ha delle regole da osservare. La prima è che le parole in politica sono fatti, la seconda è che la forma è sostanza, la terza è che la politica si occupa del bene comune. Dimenticare queste regole porta al disastro, per una piccola o una grande comunità. Mi rifugio sempre più spesso nella storia, fatta di atti, di documenti e di testimonianze oggettive. Quando ero studente liceale ero abituato a leggere il libro di letteratura italiana e quello storia all’inizio dell’anno. Li leggevo tutti di un fiato e ovviamente quando il docente spiegava io già sapevo tutto. Ma utilizzavo quel tempo per leggere altri libri in materia e approfondivo, Questo metoso mi fece raggiungere agli esami il massimo risultato possibile. Questo metodo l’ho appplicato nelle mie successive funzioni pubbliche, a Taurasi, a Nusco e a Montella. Mentre altri, anche di assoluto lignaggio, arrancavano io ero già passato oltre. In questo modo non mi ha mai interessato fare la collezione di opere pubbliche, pur avendone ideato e realizzato davvero tante. Ho avuto sempre la certezza che le opere pubbliche o le funzioni fossero come i balconi di una casa, c’è chi li costruisce e chi si affaccia. Tutte e due le funzioni sono necessarie e nobili.

Ma la storia parla e parla tanto, non puoi farla stare zitta, parla come una mitragliatrice. Nemmeno la politica riesce a zittirla. I romani condannarono gli Irpini- Sanniti alla damnatio memoriae ma nonostante tutto essi sono risorti, anche secoli dopo. La storia ha questo come caratteristica.

Io coninuerò a difendere scritte, nomi, valori, grappoli d’uva, bicchieri di vino, festa, nel nome di una comunità, qualunque ruolo si possa ricoprire. Lo farò fino a quando la salute dei miei neuroni sarà salda.

Il finale lo deciderò io.