IL PATTO DI RENDIMENTO TRA LAVORATORI E DATORI DI LAVORO

In questi giorni tema di discussione tra le parti sociali è la c.d. settimana corta a parità di retribuzione.

Per alcuni partiti politici, in aggiunta al reddito di cittadinanza, la settimana corta sta diventando una bandiera da sventolare nella prossima campagna elettorale.

Ebbene, per affrontare realisticamente il tema della settimana corta è necessario cambiare impostazione e parlare di un nuovo modello organizzativo dove il patto di rendimento sia il parametro su cui misurare la retribuzione.

avv. Giuseppe Fontanarosa

Ciò è possibile con gli strumenti che oggi la normativa vigente ci mette a disposizione soprattutto nell’ambito delle attività di alta specializzazione e nei servizi avanzati dove è la qualità del lavoro prestato e non certo la quantità che influsisce sulla produttività.

L’esperimento di ridurre l’orario settimanale lasciando la retribuzione invariata è più semplice di ciò che possa sembrare da una prima analisi ma necessita di alcune precondizioni.

In primo luogo necessita rafforzare la contrattazione aziendale c.d. di prossimità cercando di identificare le reali esigenze dell’impresa e la giusta soglia di produttività per renderla competitiva.

In secondo luogo sottoscrivere con i lavoratori, individualmente o in maniera collettiva, in base alla tipologia di impresa, un accordo sul rendimento (patto di rendimento).

In terzo luogo è fondamentale, per alcune tipologie di attività cambiare l’impostazione del concetto di rapporto di lavoro subordinato come tradizionalmente inteso (obbligazione di mezzi e non di risultato) mutuando, solo analogicamente, il principio del cottimo.

In pratica, per la determinazione della retribuzione è opportuno dare maggiore rilevanza alla quantità di lavoro prodotto e non invece (come tradizionalmente avviene) al tempo della prestazione lavorativa.

E’ la determinazione del giusto rendimento che potrebbe diventare il fattore dirimente per introdurre, in alcune realtà produttive, la settimana corta.