IL SALONE DI VINITALY LASCIA UNA BUONA EREDITA’

Vinitaly si è chiuso con oltre 93 mila presenze, di cui ben 29.600 straniere. Di assoluto rilievo è stata la partecipazione dei buyer esteri (+20% circa) provenienti da 143 Paesi. L’evento veronese è sempre un momento in cui è possibile riflettere sullo stato di salute del settore enologico e dell’agroalimentare italiano in generale.

Indubbiamente l’intera filiera vitivinicola ha assunto un peso ed un ruolo decisamente pregnante nell’ambito di ciò che l’agroalimentare italiano. La filiera del vino, a partire dal vigneto per arrivare alla fase distributiva e commerciale, vale 26,2 miliardi di euro (16,4 miliardi di euro la parte produttiva e 9,8 miliardi le vendite al dettaglio/ingrosso), impiega 836.000 addetti con un numero di aziende pari a 526.000.

La filiera cosiddetta “correlata” (tecnologie e macchinari per vigneto, cantina e controllo qualità/certificazioni) conta circa 1.850 aziende, con 34.000 addetti, per un fatturato di 5,1 miliardi di euro. Sommando insieme i canali diretti e indiretti della filiera “core”, in Italia (quindi escludendo l’export) il segmento Horeca-ingrosso-enoteche detiene una quota del 58% sul totale, seguito dal 25% della Gdo e dal 18% delle vendite dirette in cantina. La filiera “correlata” conta sulla parte vigneto con attrezzature per l’impianto, fitofarmaci, fertilizzanti, imprese per la meccanizzazione (10.200 addetti, 2 miliardi di euro); la cantina, composta da aziende produttrici di macchine e attrezzature per la trasformazione, vinificazione, imbottigliamento oltre alle materie prime secche (20.000 addetti, 2,9 miliardi di euro); il controllo qualità (3.500 addetti, 150 milioni di euro).

In Italia ci sono 29,4 milioni di consumatori di vino (55% della popolazione), di questi il 42% è quotidiano. La crescita media annua dei consumatori fino a 44 anni (il 34% del totale) è diminuita del 2,1% dal 2008 al 2021.

Il tratto caratteristico dell’industria enologica è senza ombra di dubbio il livello di internazionalizzazione. Con 7,9 miliardi di euro esportati nel 2022, le vendite estere hanno toccato il massimo storico, generando oltre il 54% del fatturato settoriale e confermando l’industria vinicola nettamente in testa al ranking dell’export dei settori alimentari.

Il settore è risultato uno dei principali attori dell’accelerazione complessiva dell’export alimentare italiano. Senza il contributo del vino, che ha una propensione all’export doppia rispetto agli altri alimentari e bevande (54,5% vs 27,3%), l’avanzo commerciale dell’alimentare sarebbe inferiore del 64%.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly e Prometeia, questa naturale vocazione all’export determina anche un ruolo di “apripista” a beneficio degli altri comparti dell’agroalimentare. Si stima infatti che, negli ultimi 15 anni, ad ogni punto in più di crescita delle esportazioni di vino sia associata – due anni dopo – una crescita di 0,8 punti percentuali in media per gli altri prodotti alimentari.

Insomma il settore è un vero motore per il PIL italiano e contribuisce non poco alla crescita e allo sviluppo di nuovi modelli di business con una cultura sempre più orientata alla internazionalizzazione ma anche alla conservazione del territorio, della storia e della cultura che fanno da collante per rendere ancora più attraente il Paese Italia.