INFORTUNI E MORTI SUL LAVORO: FORSE E’ IL TEMPO CHE LA POLITICA TORNI CON SERIETA’ AD OCCUPARSENE

I dati che periodicamente restituisce l’Inail in materia di infortuni e morti sul lavoro sono tali da far pensare che i cantieri e i luoghi di lavoro italiani siano diventati simili ad un teatro di battaglie e guerre cruenti.

In effetti nei primo otto mesi del 2023 le denunce di infortunio presentate all’Inail sono state ben 383.242, in calo rispetto alle 484.561 dell’analogo periodo del 2022 (-20,9%) ma in aumento rispetto alle 349.449 del 2021 (+9,7%) e alle 322.132 del 2020 (+19,0%), e in diminuzione rispetto alle 416.894 del 2019 (-8,1%).

Insomma sembra un bollettino di guerra. E’ come se la Russia in otto mesi perdesse tutti gli uomini del suo esercito inviato ad occupare l’Ucraina.

A livello nazionale i dati evidenziano, per i primi otto mesi del 2023 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, un decremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 429.161 del 2022 ai 323.946 del 2023 (-24,5%), mentre purtroppo sono aumentati quelli in itinere, capitati cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, facendo registrare un incremento del 7,0%, da 55.400 a 59.296. Insomma, andare a lavorare in Italia è un terno a lotto. Si esce da casa di mattina col sorriso della moglie e con il bacio dei figli e di certo non si può pensare che possano essere gli ultimi. Solo per andare a lavorare.

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale nei primi otto mesi 2023 sono state 657 mentre si registra una diminuzione solo dei casi mortali in itinere, scesi da 181 a 157, ma quelli avvenuti in occasione di lavoro sono drammaticamente aumentati.

La vicenda che più ha suscitato interesse nell’opinione pubblica è stata sicuramente quella dei cinque operai morti mentre lavoravano sulla linea ferroviaria Torino-Milano, a Brandizzo. Su costoro è piombato un treno che li ha falciati in modo letale. Dalle indagini sembrano emergere singolarità sul modo di lavorare che un paese serio deve affrontare.

E’ vero, l’Italia si è dotata da tempo di una normativa di assoluto livello qualitativo in materia, il d.lgs.81/08.

Tuttavia, la domanda che sorge spontanea è: “siamo sicuri che nei luoghi di lavoro la vita è la priorità da preservare o i tempi, il rispetto dei budgets la fanno da padrona?”. Non è tanto solo un problema di controlli ma è soprattutto un problema culturale e, quindi, formativo.

I nostri luoghi di lavoro, da nord a sud, sembrano essere diventati luoghi “vietnamiti” in cui si rischia anche il posto di lavoro se non si lancia “il cuore oltre l’ostacolo” e quel cuore, a volte, esplode in mille pezzi frantumando le certezze di un diritto del lavoro che ha squilibrato il proprio peso in questi anni a favore del martello detenuto da chi gestisce l’impresa, e non sempre è il proprietario.

Insomma, dalla Legge Fornero e dal Job act, non si è più discusso seriamente di come far funzionare i cantieri e i luoghi di lavoro nel rispetto delle persone e far raggiungere, nel contempo, i legittimi obiettivi imprenditoriali alle singoole aziende.

Il mondo della rappresentanza datoriale e quello del sindacato dei lavoratori non possono non sedersi, insieme ai decisori del Governo, per ridiscutere in modo organico e non frammentato in mille contratti, il più delle volte, privi di valore e significato reale.

Affrontare il tema non è soltanto un omaggio ai morti ma è anche un modo per far tornare al centro della discussione una più corretta relazione sindacale affrontando anche temi spinosi, per alcuni, come il salario minimo ma dando diritto di cittadinanza ad una nuova stagione di conquiste sociali.

L’Italia è stata per decenni al passo con i tempi e grazie al dialogo e confronto, anche aspro, nei luoghi di lavoro è progredita tanto da sedere al tavolo mondiale del G7. Poi forse qualcuno si è accorto che nel sud est asiatico, a cominciare dal tanto decantato dragone cinese, di tutto ciò non vi era traccia. Quel qualcuno ha pensato forse di rendere più competitiva la nostra economia facendo diventare i lavoratori italiani i vietcong dell’occidente?

Su queste problematiche la politica e il mondo sindacale, datoriale e dei lavoratori, devono dare una risposta e la devono dare soprattutto a tutte le famiglie italiane affinchè esse non rischino di salutare la mattina per l’ultima volta chi si reca ad una normale e innocente giornata di lavoro per tirar su qualche euro e far vivere tranquillamente, forse, i propri cari.