LAVORATORE COINVOLTO IN UN INCIDENTE STRADALE? IL DATORE DI LAVORO PUÒ CHIEDERE I DANNI PER L’ASSENZA DEL DIPENDENTE DAL LAVORO

L’incidente stradale di un lavoratore subordinato costituisce una situazione di pregiudizio nella quale viene a trovarsi il datore di lavoro privato, temporaneamente o definitivamente, dell’apporto lavorativo del proprio dipendente a cagione del danno subito alla persona per il fatto illecito di un terzo.

Non vi è dubbio che nell’indicata ipotesi il datore di lavoro sopporta un danno di carattere sia emergente, sia a titolo di lucro cessante. Infatti, per quanto attiene a quello emergente, si deve considerare l’esborso al quale il soggetto in questione è tenuto per legge o per contratto, esborso che si concentra nella corresponsione della retribuzione per un certo periodo di assenza (art. 2110 cod. civ.) o nella corresponsione delle indennità liquidative in caso di cessazione del rapporto ( artt. 2118, 2120, 2122 cod. civ.); mentre, per quanto riguarda quello a titolo di lucro cessante, esso consiste nella perdita del guadagno che gli sarebbe derivato dall’attività del dipendente.

E’ possibile quindi per il datore di lavoro ottenere il risarcimento del danno ingiusto subito da parte di un terzo estraneo al rapporto lavorativo per le somme corrisposte al lavoratore nel periodo di assenza. A tale proposito è bene distinguere, nell’ambito del danno cagionato dal terzo al di fuori del rapporto di lavoro, fra inabilità temporanea e morte del lavoratore.

Inabilità temporanea del lavoratore

Per ciò che concerne l’invalidità temporanea del lavoratore dipendente, è da osservare che il lucro cessante è di regola inesistente e non va risarcito: ciò per la semplice ragione che il lavoratore dipendente è retribuito per legge o per contratto anche nel periodo di assenza per malattia.

La giurisprudenza nel tempo si è uniformata a tale principio, ponendo in evidenza, peraltro, due importanti corollari:

1) il primo concerne la possibilità per il lavoratore infortunato di provare che, malgrado la riscossione dello stipendio durante il periodo di invalidità temporanea, ha egualmente subito un danno patrimoniale da lucro cessante limitatamente alla perdita dei compensi strettamente connessi all’effettivo svolgimento del lavoro, come gettoni di presenza, premio di produttività, indennità per trasferte, retribuzione per il lavoro straordinario, ecc.: perdite economiche per le quali ha diritto ad essere risarcito.

2) il secondo concerne il diritto, per il datore di lavoro, di ottenere il rimborso, da parte del responsabile del fatto illecito, delle somme erogate, senza usufruire della prestazione, nel periodo di assenza del lavoratore infortunato, nonché il risarcimento dell’eventuale maggior danno.

Infatti, il terzo che ha causato il danno, alterando con il proprio fatto illecito l’equilibrio tra le contrapposte obbligazioni del rapporto di lavoro (retribuzione e prestazione), è tenuto a risarcire il danno che ne consegue inevitabilmente a causa di detto fatto illecito.

Il danno del datore di lavoro per la morte del dipendente

La seconda ipotesi che deve essere considerata, è costituita dalla morte del dipendente cagionata dall’altrui illecito. Il problema consiste nello stabilire se tale perdita della forza di lavoro abbia determinato un danno risarcibile a carico del datore. Si richiama sul punto un precedente della Corte di Cassazione che ha dettato le seguenti regole: ​

“chi con il suo fatto doloso o colposo cagiona la morte del debitore altrui, è obbligato a risarcire il danno subito dal creditore, qualora quella morte abbia determinato l’estinzione del credito o una perdita definitiva ed irreparabile per il creditore medesimo. E’ definitiva ed irreparabile la perdita quando si tratti di obbligazioni di fare rispetto alle quali vi è insostituibilità del debitore, nel senso che non sia possibile al creditore procurarsi, se non a condizioni più onerose, prestazioni eguali o equipollenti.”

Nel caso di morte del dipendente, il datore di lavoro può quindi agire per il recupero delle indennità corrisposte per la cessazione del rapporto e per l’eventuale maggior danno subito a causa della perdita del guadagno che gli sarebbe derivato dall’attività del dipendente, anche in considerazione degli investimenti effettuati dal datore di lavoro sul dipendente legati, ad esempio, a corsi di formazione specifica.

L’azione di recupero

Le voci di danno che possono essere richieste, a titolo esemplificativo, sono le seguenti: – Integrazione del contributo malattia non coperte dagli Istituti previdenziali (Inail, Inps) – Contributi aziendali sull’integrazione; – rateo di tredicesima e quattordicesima e relativi contributi – rateo TFR; – eventuali costi legati al singolo dipendente (ad esempio corsi non recuperabili, leasing o noleggio auto, noleggio cellulare) che dovranno essere documentate in un conteggio predisposto dal consulente del lavoro al termine del periodo di assenza e corredato dalla relativa docuemntazione a comprova delle singole voci (buste paga, giustificativi di spesa). Per procedere al recupero, è quindi necessario: – identificare il proprietario del veicolo e i dati assicurativi; – inviare la lettera di intervento alla Compagnia di Assicurazione del proprietario del veicolo; – inoltrare il conteggio come sopra predisposto; – avviare la trattativa con la compagnia per il riconoscimento del danno e conseguente pagamento;

Le spese per l’intervento del legale saranno rimborsate dalla compagnia assicurativa.

“chi con il suo fatto doloso o colposo cagiona la morte del debitore altrui, è obbligato a risarcire il danno subito dal creditore, qualora quella morte abbia determinato l’estinzione del credito o una perdita definitiva ed irreparabile per il creditore medesimo. E’ definitiva ed irreparabile la perdita quando si tratti di obbligazioni di fare rispetto alle quali vi è insostituibilità del debitore, nel senso che non sia possibile al creditore procurarsi, se non a condizioni più onerose, prestazioni eguali o equipollenti.” Nel caso di morte del dipendente il datore di lavoro può quindi agire per il recupero delle indennità corrisposte per la cessazione del rapporto e per l’eventuale maggior danno subito a causa della perdita del guadagno che gli sarebbe derivato dall’attività del dipendente, anche in considerazione degli investimenti effettuati dal datore di lavoro sul dipendente legati, ad esempio, a corsi di formazione specifica. L’azione di recupero Le voci di danno che possono essere richieste, a titolo esemplificativo, sono le seguenti: – Integrazione del contributo malattia non coperte dagli Istituti previdenziali (Inail, Inps) – Contributi aziendali sull’integrazione; – rateo di tredicesima e quattordicesima e relativi contributi – rateo TFR; – eventuali costi legati al singolo dipendente (ad esempio corsi non recuperabili, leasing o noleggio auto, noleggio cellulare) che dovranno essere documentate in un conteggio predisposto dal consulente del lavoro al termine del periodo di assenza e corredato dalla relativa docuemntazione a comprova delle singole voci (buste paga, giustificativi di spesa). Per procedere al recupero, è quindi necessario: – identificare il proprietario del veicolo e i dati assicurativi; – inviare la lettera di intervento alla Compagnia di Assicurazione del proprietario del veicolo; – inoltrare il conteggio come sopra predisposto; – avviare la trattativa con la compagnia per il riconoscimento del danno e conseguente pagamento; Le spese per l’intervento del legale saranno rimborsate dalla compagnia assicurativa.

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