Intervista alla Consigliera di Parità della Regione Campania, Domenica Marianna Lomazzo

Le Consigliere di Parità Regionali sono delle figure istituzionali, istituite con la legge 125/1991 e ridefinite nel Titolo II del D. lgs 198/2006 “Codice delle pari opportunità tra uomo-donna“.

Clara Gambino

Intraprendono ogni utile iniziativa, nell’ambito delle competenza dello Stato, ai fini del rispetto del principio di non discriminazione, e quindi della promozione e del controllo delle pari opportunità per lavoratori e lavoratrici.

Sono un organo, quindi di garanzia e vigilanza sul rispetto della legislazione in materia di parità, nell’esercizio delle loro funzioni.

Sono pubblici ufficiali, ed hanno l’obbligo di segnalare all’autorità competente i reati di cui vengono a conoscenza, atti o comportamenti discriminatori nei confronti di lavoratori e lavoratrici. Promuovono azioni positive a favore dell’inserimento e della permanenza delle donne nel mondo del lavoro.

Questa carica e queste funzioni, oggi nella Regione Campania, sono ricoperte dalla Dr.ssa Domenica Marianna Lomazzo, da maggio 2016.

Come è nata questa sua scelta e quindi la sua partecipazione all’avviso pubblico e quali sono i suoi obiettivi?

“Io sono nata difendendo le donne. Attraverso anni di esperienza soprattutto in campo politico. Mi sono sempre occupata dei diritti delle donne per poi, portare avanti battaglie in loro favore e in tutti gli ambiti della vita sociale. È stato un percorso di vita e che poi mi ha fatto arrivare qui ad essere una figura tecnica e non politica. Il lavoro da svolgere è tanto, ma siamo a buon punto. Ho potuto sperimentare, prima sul territorio provinciale e poi su quello regionale, che ci troviamo di fronte ad una cultura sessista.

Io stessa ho sollecitato più volte le Amministrazioni Pubbliche del territorio, affinchè contribuissero ad un effettivo cambiamento culturale, tramite l’utilizzo di termini non discriminatori, in tutti i documenti di lavoro, quali relazioni, circolari, decreti, regolamenti.

Farà sicuramente caso a documenti in cui  prevale solo ed esclusivamente il maschile, senza alcun cenno al femminile. Come la carica di consigliere. Perché, se sono donna, non devo essere chiamata consigliera?

Oppure, se ci troviamo di fronte alla compilazione della domanda di un bando di concorso, ad esempio per la carica di segretario comunale. Perché non mettere agli atti anche il termine di segretaria comunale?

Purtroppo ancora oggi siamo costrette/i a registrare con il maschile  il genere grammaticale sia al singolare e sia al plurale, persino quando ci si riferisce a persone di sesso femminile. Come la carica di sindaca

Questo purtroppo è dovuto al lento e sempre più faticoso percorso delle donne, ma soprattutto alla sua affermazione in tutti gli ambiti della nostra società. Il percorso di rimozione degli ostacoli, soprattutto giuridici, deve essere accompagnato in primis, anche dalla realizzazione di azioni ed interventi che, devono portare a valorizzare anche i saperi e l’intelligenza delle donne in tutti gli ambiti della realtà e società.

Io mi impegno soprattutto per una cultura rispettosa delle differenze di genere. Se si parte da questo, possiamo continuare con l’intento di diminuire o meglio ancora, eliminare la differenziazione di genere. Se diffondiamo questa appropriata terminologia, andiamo al contempo, ad identificare il genere femminile ovunque e per qualsiasi professione essa svolge. L’utilizzo di un linguaggio non sessista può essere un principale e potente strumento di promozione dell’uguaglianza. E questo modello è stato ben accolto e soprattutto messo in atto in due Università Campane, quali l’Università degli Studi di Napoli Federico e dall’Università degli Studi di Salerno. Ed è questo uno dei miei importanti obiettivi, ossia quello di eliminare nella nostra burocrazia, il maschile neutro.”

Cosa pensa della presenza sempre minore delle donne all’interno delle liste elettorali?

“Questo è un altro tasto dolente. Ciò che ha dato la spinta e quindi la possibilità di partecipazione della donna in ambito politico, sono state le cosiddette Quote Rosa che per me, sono della azioni positive che hanno aiutato le donne anche a farsi valere in questo ambito. Laddove sono state sempre “sottorappresentate”.

Il mio appello è stato sempre quello di garantire e sorvegliare per un’equa rappresentanza di donne e uomini nei luoghi delle decisioni, per rendere il nostro paese democratico ed inclusivo di tutte le differenze. Ho voluto un monitoraggio delle giunte che rispettano o meno la normativa vigente. Sollecitando sia il Prefetto e sia il Dipartimento del Ministero per le Pari opportunità, affinchè tutti i comuni si adeguino in materia di equità, a  rappresentanza di donne e uomini nella competizione soprattutto della Giunta Comunale.

dott.ssa Domenica Marianna Lomazzo

La prima regione a farlo è stata proprio la Campania che, nel 2010 ha favorito la legge della doppia preferenza, quindi la possibilità per l’elettore, di votare due candidati a patto però, che uno sia uomo e l’altro sia donna. Un importante passo significativo per favorire la figura e ruolo della donna, anche nella partecipazione alla vita democratica. Una svolta civile e culturale ed una legge innovativa di progresso sociale della nostra regione. Allo stato attuale vi è comunque mortificazione, in quanto in regione Campania non si arriva a 30 candidate sindache, ad esempio.

Bisognerebbe mettere in atto strategie atte a favorire un crescente numero anche in questo settore. Ma le Quote Rosa sono un primo passo per tale raggiungimento. È stato un’importante traguardo.”

Nei suoi colloqui o espressioni di valutazione, si è sempre soffermata in merito all’interesse dell’occupazione lavorativa di donne e giovani. Qual è il quadro attuale della regione Campania in merito a questi due aspetti?

“ Purtroppo i dati ISTAT non sono confortevoli, in quanto la disoccupazione dei giovani e delle donne è cresciuta. Si fa riferimento soprattutto all’inattività di queste categorie, in particolar modo per le giovani donne che, a seguito della maternità e crescita dei figli, hanno dovuto rinunciare al lavoro.

Infatti, secondo un recente dato del 2019, in Campania sono state 2.287 le donne che sono state costrette a dimettersi dal posto di lavoro, soprattutto per carenze di strutture di dove lasciare i propri figli. In provincia di Avellino il dato di questo stesso anno, ha visto 165 donne lasciare la propria occupazione principalmente perché non hanno strutture di supporto e quindi aiuto per la crescita della prole.

Considero lo smart working, un beneficio in quanto la donna ha potuto lavorare liberamente da casa proprio durante il lock down, quindi essere attiva e produttiva per il datore di lavoro, ma allo stesso tempo non si è assentata dal suo ruolo di madre. Senza vincoli e rinunce della sua indipendenza, soprattutto economica.

L’obiettivo che ci poniamo oggi, è quello di creare figure professionali preparate sulla tecnologia. Attraverso dei corsi, per favorire quindi l’inclusione sociale delle donne e uomini giovani. Per permettere loro di essere inclusi anche nel mondo del lavoro.”          

Il suo percorso di vita e professionale si è sempre adoperato per fronteggiare la violenza di genere. Cos’è per Lei l’abuso e come dovrebbe essere affrontato?

“Laviolenza sulle donne è un argomento delicato e antico. E non può essere definito in modo generico. È un tema che per me deve essere affrontato, prima di tutto, nelle scuole. La violenza sulle donne si basa su un rapporto uomo/donne che vede la donna come oggetto dell’uomo. Se si comincia a parlarne in una istituzione, come lo è la scuola, arriveremo sicuramente a definirci uomini e donne civili. Impariamo a rispettarle sin da piccoli. Purtroppo, se il lock down è stato un beneficio per la donna lavoratrice, è stato un malessere per tutte le donne che sono vittima di violenza domestica. Soprattutto in quel periodo, gli abusi sono aumentati a dismisura. Donne picchiate e senza la possibilità di scappare o chiedere aiuto. Ritengo che se le donne vittime di violenza venissero aiutate non solo psicologicamente, e fortunatamente a tal proposito sul territorio campano sono nati centri di ascolto ed associazione che si battono in loro aiuto, ma anche sul piano economico avremmo fatto sicuramente un positivo salto culturale su questo tema. E’ evidente che se una moglie, una convivente, una donna che viene abusata, non riesce ad uscire da questo tunnel, è perché non saprebbe come affrontare le conseguenze economiche che ne derivano, in quanto resterebbe senza un lavoro o ammortizzatore. Per questo la donna vittima di violenza se sostenuta economicamente, sarà sicuramente libera.

Vediamo donne impaurite anche dal divorzio, ma oggi abbiamo anche avvocati ed avvocatesse che le difendono gratuitamente. Io credo che la collettività debba farsi carico anche di questo. Infatti, sollecito i comuni a costituirsi parte civile di violenza delle donne denunciate nel proprio ente locale.

Questo potrebbe essere anche per un messaggio per dire alle donne che non solo da sole, neanche dopo e che le istituzioni sono vicine. Questo mio lavoro è una vera missione e sarò sempre attiva fino a quando tutto questo necessiterà ancora della mia presenza.”

Auguri dottoressa Lomazzo per il Suo impegno ed il suo attivismo su un terreno non semplice ma che rappresenta la frontiera tra la civiltà e l’abisso preistorico di una vita priva di cultura e rispetto per il genere umano.

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