L’11marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità per bocca del suo direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus in una drammatica e preoccupata conferenza stampa dichiara che “COVID-19 può essere caratterizzato come una pandemia”. Tale dichiarazione è venuta dopo aver verificato che il numero di casi di COVID-19 al di fuori della Cina sono “aumentati di 13 volte e il numero di paesi colpiti è triplicato… che… 4.291 persone hanno perso la vita e altre migliaia stanno lottando per la propria vita negli ospedali”.
La stessa OMS, nel ringraziare alcuni stati per le iniziative di contenimento messe in atto, riconosceva che le economie e le società sarebbero state messe a dura prova.
E’ stato ed è così, in particolare per l’Italia.
L’ISTAT nel presentare l’annuale rapporto sulla situazione del Paese, definendolo in stato di shock, è stata costretta a precisare che, a metà del 2020 il quadro economico e sociale italiano si presenta eccezionalmente complesso e incerto. In effetti già nel 2019 l’economia presentava segnali concreti di rallentamento ai quali si è aggiunto il violento impatto della crisi sanitaria causando nei primi tre mesi del 2020 un crollo del 5,3% con una previsione Istat stimata per il 2020 caratterizzata da un marcato calo dell’attività economica.
Il 2020 verrà sicuramente ricordato nel mondo intero ed in Italia, in particolare, per la inopinata e aggressiva crisi sanitaria che ha costretto il Governo nazionale, tra i primi nel mondo, ad adottare misure di contenimento inedite nella storia italiana.
I governi e le banche centrali, nell’Unione Monetaria Europea (Uem) e nei principali paesi, hanno cercato di predisporre con tempestività un apparato di misure a sostegno di famiglie e imprese per tentare di contrastare gli effetti negativi prodotti soprattutto dall’arresto del sistema produttivo a seguito del lockdown.
Ovviamente, in Italia, anche il mercato del lavoro nel primo trimestre 2020 ne ha risentito tanto da far registrare, in coerenza con il decremento produttivo, un tasso di occupazione pari al 58,8%, in diminuzione di 0,2 punti rispetto al quarto trimestre 2019. Addirittura, in un solo mese (aprile su marzo 2020) gli occupati sono diminuiti di 274 mila unità (-1,2%) facendo scendere ancora di più il tasso di occupazione attestandolo al 57,9% per effetto del marcato calo della produzione industriale, delle vendite al dettaglio e delle esportazioni.
Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente aggiornato le stime di crescita per il 2020 prevedendo una contrazione del Pil mondiale del 4,9% (contro il 3% stimato ad aprile).
In effetti il Fondo Monetario calcola come, tra il 2020 e il 2021, l’economia mondiale possa perdere oltre 12.500 miliardi di dollari rispetto alle proiezioni fatte a gennaio, quando per il 2020 veniva stimata una crescita del 3,3%. Insomma, il mondo sembra essere precipitato in una situazione senza precedenti e riscontri nella storia degli ultimi tempi e perciò più drammatico e terrorizzante.
Per passare all’Italia, l’organizzazione monetaria ha stimato un calo del PIL, per il 2020, addirittura del 12,8% in una evidente ma più aggiornata antinomia con le precedenti stime che davano il PIL italiano in calo di un più sopportabile 9,1%.
Ovviamente a fronte del calo della produttività non potrà, di conseguenza, che registrarsi in Italia un rialzo notevole del rapporto debito PIL, che è previsto in crescita esponenziale fino a un livello himalayano pari al 166,1%.
La strada imboccata dall’economia italiana apparentemente sembra essere tortuosa e pericolosamente vicina al baratro.
Il baratro italiano non è quello greco o quello venezuelano o argentino, per intenderci.
In pochi lustri l’Italia è stata costretta a confrontarsi con cicli di crisi sempre più ravvicinati e violenti che però hanno generato una insospettabile capacità di adattamento, camaleontica e mimetica, del sistema produttivo italiano anche se sul terreno sono stati immolati asset nazionali importanti a vantaggio di una economia sempre più globalizzata e priva di scrupoli morali.
In questi mesi si stanno ancora valutando gli effetti che la crisi derivante dal Covid-19 può aver determinato sul tessuto produttivo. Comunque sarà necessario capire come il sistema si andrà ristrutturando poco alla volta. Sarà altrettanto importante individuare le aree di resilienza, da sempre tipiche della società italiana, e i punti di forza destinati a fare da fulcro per preparare il rilancio e la ripartenza
L’Italia, è bene rammentarlo, è una potenza economica ed industriale e, quindi, se le istituzioni europee saranno in grado di esprimere politiche di reale coesione e solidarietà, il ciclone della pandemia potrà essere superato, seppur al prezzo di dolorosi sacrifici, e probabilmente, dopo essere usciti della crisi nemmeno ci ricorderemo degli strumenti e delle modalità utilizzate per farlo.