La stagione delle stragi. Segreti e misteri all’italiana, non c’è pace per le vittime

Deponete le armi. Ma questa non è una guerra. O perlomeno non lo è mai stata nel senso autentico della parola guerra. Eppure l’Italia uscita da un conflitto vero, il secondo per dimensioni mondiali, lo era con se stessa, al suo interno. Le ferite di quello scontro non si sono ancora sanate.

E così le cause di quelle tensioni, politiche e sociali innanzitutto. Cosa ci fosse dietro la stagione delle stragi (dalla fine degli anni sessanta ai primi anni novanta), e soprattutto chi ci fosse, resta un mistero. Un mistero all’italiana che attende di essere svelato. Lo dichiarano a ogni anniversario le massime cariche dello Stato. Lo chiedono, da troppo tempo, i familiari delle vittime.
Troppe anche loro come gli anni passati in attesa di una verità vera. Se l’orologio delle stragi è puntuale quello della giustizia è in forte ritardo sui tempi. Le lancette riportano indietro solo i ricordi di drammi che sono collettivi e privati, e fanno scivolare il Paese in un tunnel cieco.

La via d’uscita è sempre più lontana come la verità che sta dietro i fatti che hanno insanguinato l’Italia, dilaniato innocenti vite umane, alimentato divisioni e rancori e gonfiato il ventre molle di chi muove i fili dei misteri e aziona i comandi dei detonatori. I mandanti restano impuniti.

Dai cieli di Ustica ( 27 giugno 1980 ) alla stazione di Bologna ( 2 agosto 1980 ): cambia solo lo scenario ma la geografia del dolore è la stessa. E pure il numero dei morti: 81 sul DC 9, 85 nella sala d’attesa della stazione ferroviaria bolognese.

Quarant’anni dopo i familiari delle vittime attendono di sapere ancora la verità, e le vittime giustizia, almeno quella terrena, quella che si esercita nelle aule di tribunale. Quarant’anni per saldare i conti col passato che è ancora presente non sono sufficienti, a quanto pare, per voltare pagina e consentire al Paese, tutto intero, di fare il grande salto.

La stagione delle stragi necessita di un cambio di passo, ma ogni cambiamento necessita a sua volta di coraggio. Il coraggio delle scelte innanzitutto.

E l’Italia, forse, non è ancora matura per scegliere da che parte stare.

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