I ritardi del Sud in materia di Governo del Territorio – Il valore di una esperienza

Attraverso la mia personale esperienza lavorativa vorrei tracciare una sintesi del perché le aree interne del Sud ed in particolare della Regione Campania progrediscono con lentezza e sono interessate, inesorabilmente, dal fenomeno dello spopolamento.

Ing.Liliana Monaco

Nel complesso, posso affermare che  attraverso l’esperienza  professionale di “trincea” ultradecennale, maturata come responsabile tecnico in vari comuni della provincia di Avellino  (periodo 1983-2000), notevole è risultato l’apprendimento professionale, poiché negli enti a più diretto contatto con il cittadino, quotidianamente viene richiesto un impegno lavorativo che, con celerità e decisione, deve fornire risposte e soluzioni concrete ai bisogni del territorio; queste ultime devono conciliarsi sia con le norme vigenti, che devono tener conto sia degli iter procedurali da porre in essere che, in genere, delle scarsissime risorse dell’ente. La conoscenza così sviluppata ha inciso in maniera determinante sul modo personale di operare nella pubblica amministrazione, rafforzando in me la consapevolezza che il proprio compito lavorativo deve essere improntato alla ricerca e alla realizzazione di proposte risolutive efficaci, economiche e durature, apprezzate dalla comunità amministrata.

Approdai, a seguito di concorso, all’Amministrazione Provinciale di Avellino a settembre del 2000 come Dirigente alle Politiche del Territorio.

Durante questo periodo fu posta la pietra miliare per la elaborazione degli Studi propedeutici del primo Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, per intenderci, il Piano che sovraintende lo sviluppo del territorio su area vasta a cui deve attenersi la pianificazione di livello intercomunale e comunale. Tali studi di piano furono redatti in assenza della normativa regionale di riferimento; la Regione Campania infatti non aveva ancora varato una norma in attuazione della L.n.142/1990.  Molte province, in particolare del Nord, sin dagli anni ’90 si erano già dotate di questo strumento, facendo emergere un divario enorme con la Campania anche in questo campo.

Gli studi preliminari, attraverso attività di analisi conoscitiva del territorio e la elaborazione dei dati acquisiti, utili a delineare una conoscenza organica e completa della realtà provinciale, restituirono un quadro organico dell’area vasta preesistente, modificato massicciamente dagli interventi post-sisma.

Tale censimento consegnò una situazione caotica ovvero l’oggettiva considerazione che le scelte programmatiche, in generale, operate dalle realtà locali, erano state da sempre pensate e realizzate nell’ambito dei confini comunali, mentre mai, era avvenuto che iniziative o progetti derivassero da accordi o azioni di concertazione maturati in sinergia con i comuni viciniori. Grande impulso, in tale direzione, fu appunto dato dai finanziamenti per la ricostruzione post-sisma, allettante opportunità espressamente offerta dalla legge speciale che intese l’opera di intervento ricostruttivo come sviluppo e miglioramento del tessuto edilizio e urbanistico preesistente.

Un dato per tutti: si censirono n.168 aree per insediamenti produttivi (P.I.P.) individuate con piani urbanistici particolareggiati sui 119 comuni ed oggi molte di tali aree, in molti casi infrastrutturate, risultano abbandonate a sè stesse perché prive di insediamenti produttivi. Ciò era venuto a determinarsi perché, appunto, erano totalmente assenti gli indirizzi sovracomunali di pianificazione del territorio.

L’alta vulnerabilità connessa al rischio sismico e idrogeologico esistente in Irpinia ha determinato una condizione di insicurezza strutturale in vaste aree del territorio a cui si aggiunge una variegata presenza di vincoli paesistici, oasi, parchi, aree protette oltre la esistenza di importanti giacimenti della risorsa idrica, strategica per tre regioni, la Campania, la Puglia e la Basilicata, la cui tutela e salvaguardia costituisce di fatto un vincolo ambientale rilevante.

La pianificazione sovracomunale serve appunto ad analizzare preventivamente la vincolistica esistente divenendo così una risoluzione anticipata di possibili conflittualità ambientali e una conseguente proposta organica di strategie di sviluppo “più sostenibili”.  Il concetto di “sostenibilità” all’interno dell’urbanistica porta con sé una scelta di valori di enorme interesse sociale: la protezione ambientale, la programmazione a lungo termine e innanzitutto la qualità della vita.

Contemporaneamente alle attività in materia urbanistica di area vasta, lavorai alla definizione del 1° Piano in materia di trasporto pubblico provinciale su gomma che fu approvato nel 2004. La mobilità provinciale irpina è quasi totalmente garantita dal trasporto pubblico su gomma, infatti la rete ferroviaria è inesistente e quel Piano fotografava la realtà dei servizi che avrebbero dovuto essere messi a gara così come prevedeva già allora la norma comunitaria, al fine di razionalizzare i servizi e quindi conseguire una efficacia ed una economicità degli stessi a vantaggio degli utenti. Oggi, ciò ancora non si è realizzato

Il Periodo (2000-2004) si rivelò intensissimo e cruciale.

Il paradosso che spesso oggi mi sovviene e che di frequente racconto come esperienza vissuta, riguarda il fatidico decentramento di funzioni dello Stato e delle Regioni che in quegli anni si attuò a seguito dell’entrata in vigore nel 1998 della Leggi Bassanini. La Provincia come Ente fu destinataria di tantissime competenze. Uno stravolgimento degli assetti istituzionali che proseguì per gli anni a seguire in conseguenza della riforma del titolo V della Costituzione del 2001. 

A partire dal 2014, con l’emanazione della Legge Del Rio che, nelle more dell’attuazione della riforma costituzionale in itinere, prevedeva anche la soppressione dell’Ente Provincia, fu dato avvio al trasferimento di personale. Ma la riforma rimase a metà strada a seguito della bocciatura della riforma con il referendum del 4 dicembre 2016 e con la norma Del Rio che invece era comunque in vigore.

Ad oggi gli Enti Provincia risultano parzialmente svuotati di personale e prive del trasferimento di risorse finanziarie mentre le funzioni ad essi attribuite permangono interamente con servizi resi al cittadino ovviamente scadenti.

Riprendendo il racconto dell’esperienza provinciale, dal novembre 2005 assunsi l’incarico di Dirigente ai LL.PP. Questo Settore attendeva, e attende tutt’ora, prevalentemente a compiti di gestione della viabilità provinciale (circa 1600 km di strade). Una gestione complessa, perché riguardante un patrimonio stradale che attraversa territori per circa l’80% classificati a forte rischio idrogeologico. Il Sud è povero di infrastrutture, abbiamo un gap pari a -35% rispetto al Nord, un divario enorme, le aree interne di questa parte di Italia si muovono lungo poche strade statali ma prevalentemente su una rete di viabilità provinciale. La Provincia di Avellino ha un patrimonio viario considerevole, al quale bisogna assicurare costantemente attività manutentive altrimenti la mancanza di cura può ingenerare gravi danni essendo l’Irpinia un territorio fragile. Non esagero quando dico che la situazione, fra non molto sarà molto simile alla viabilità del terzo mondo!!! Basta guardarsi intorno è sotto gli occhi di tutti, una grave arretratezza, specialmente al Sud, dove i territori di area vasta non sono più “curati” da tempo e l’abbondono dei luoghi è una stretta al cuore per tutti coloro che amano la propria terra, come me!

Altra esperienza importante maturata ha riguardato la Gestione dei Rifiuti Urbani della Provincia di Avellino, fui nominata co-progettista del Piano d’Ambito Rifiuti Urbani, all’epoca la competenza era in capo all’Ente Provincia.    

Tale Piano è stato redatto nel 2009.  Per poter indicare quali siano i nervi scoperti del ciclo integrato dei rifiuti in Irpinia, è necessario allargare la visione e potersi riferire a quei territori considerati virtuosi.

Il rifiuto organico è trasferito quasi totalmente fuori regione (verso impianti del Nord e del Centro Italia) tranne che per la città di Salerno che, invece, è dotata di un impianto dedicato.

La mancanza dell’impiantistica più importante sul territorio causa l’esigenza di dover ricorrere a trasporti e conferimenti fuori regione dei rifiuti, determinando così anche una forte lievitazione dei costi a vantaggio delle imprese private operanti nel settore.

Se continua a perdurare tale situazione la spesa per il cittadino non potrà assolutamente diminuire!

La sanzione irrogata dalla Commissione Europea pari ad € 120.000/giorno in relazione al pesantissimo procedimento di infrazione comunitaria aperto nei confronti dell’Italia relativamente alle complesse problematiche irrisolte della Campania in materia di rifiuti continua tuttora ad essere applicata e riguarda tre specifiche inadempienze:

  1. Mancanza di sufficienti impianti di discariche in grado di garantire l’autosufficienza regionale;
  2. Mancanza di impiantistica per il trattamento del rifiuto organico:
  3. Insufficienza di impianti di Termovalorizzazione.

Le scelte di dove e come collocare l’impiantistica utile a chiudere il ciclo integrato dei rifiuti sono dettate da un’attenta analisi territoriale con particolare riferimento alla consultazione del PTCP.

Non ho condiviso per nulla il comportamento tenuto dall’Ente d’Ambito nella sua interezza, politica e gestionale, circa il criterio di voler governare il processo delle scelte di pianificazione, sia per la localizzazione dell’impiantistica che per le modalità di raccolta dei rifiuti, consultando il territorio senza però dotarsi di alcun tipo di proposta. L’approccio tecnico corretto è l’esatto contrario. Se si conosce il territorio, dopo l’analisi e gli approfondimenti con l’ausilio degli indirizzi dettati dalle diverse pianificazioni vigenti, le soluzioni vengono automatiche.

Sovente la politica persegue scelte sbagliate perché adottate secondo criteri avulsi da conoscenze approfondite delle questioni precipue o secondo ragionamenti puramente demagogici e pilateschi corroborati da pura arroganza. Basterebbe molto poco, sarebbe sufficiente guardare con umiltà quelle realtà che sono più avanti di decenni e recepirne i pregi e le scelte giuste condivise dai territori.  

Ho visitato di recente il Termovalorizzatore di Acerra (Na), posso affermare essere un vero gioiello di ingegneria e di tecnologia, l’unico impianto presente in Regione Campania.

Esso è gestito dalla Società lombarda A2A. Chi è l’A2A?  E’ una multiutility nata dalla fusione delle due ex aziende municipali di Milano e Brescia. L’ultimo bilancio di questa società ha chiuso con un ricavo di oltre 5 miliardi di euro, attraverso la trasformazione della spazzatura in energia e calore!! Il Termovalorizzatore di Brescia oltre a produrre energia elettrica recupera il calore generato e lo convoglia attraverso una rete di teleriscaldamento che raggiunge le abitazioni di ogni singolo utente.

A riprova che tale impianto non inquina, l’A2A ha collocato 5 alveari di api sotto la ciminiera a dimostrazione della buona qualità dell’aria, ricavando, tra l’altro una ottima produzione di miele.  E’noto che le api in natura rappresentano degli eccellenti bioindicatori di inquinamento ambientale. 

La TARI applicata dal Comune di Brescia ha un costo pari a -35% rispetto alla media nazionale.

Ritornando all’impianto campano, è necessario veicolare alcuni dati significativi. Ad esempio, prendendo a riferimento i valori delle polveri sottili PM10 monitorate su un comprensorio intenzionalmente molto ampio come richiesto dal gestore A2A e commissionato al CNR, al fine di tranquillizzare le comunità interessate, risulta che:

  •  Il valore di PM10 relativo a tutte le sorgenti emissive è 41,927 ug/mc
  •  Il valore di PM10 relativo al traffico è 22,569 ug/mc                    
  •  Il valore di PM10 relativo al Termovalorizzatore è 0,03 ug/mc

Ciò dimostra che i convincimenti popolari, dalle nostre parti, sono intrisi di messaggi destituiti da qualsiasi fondamento tecnico-scientifico. 

Le criticità, quindi, non risiedono nei piani ma sono più a monte. Vige la sindrome Nimby (Not in my back yard = non nel mio cortile).

In conclusione, attraverso le esperienze più importanti vissute in Irpinia fino al 2009 e fino al 2019 in provincia di Benevento, aree interne della Regione Campania la cui estensione territoriale copre un terzo dell’intero territorio regionale con una bassissima densità abitativa, ho ricavato il dato che purtroppo esse scontano un’arretratezza a causa di assenza di seri programmi di governo del territorio, dovuti alla mancata attuazione dei piani di area vasta vigenti.

E’opportuno ricordare che tali programmi sono comunque stati adottati in forte ritardo rispetto ad altre regioni, elemento questo estremamente rilevante, perché come già detto, è stata assente per decenni la normativa di riferimento. Ritardi qui, ritardi là, lentezza esasperante della macchina burocratica, la miopìa della politica, il risultato è nei fatti “il nulla”, di fronte al quale le giovani generazioni sono costrette, inesorabilmente, all’abbandono del proprio paese natìo alla ricerca, altrove, di un posto di lavoro.

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