VINCIAMO PRIMA LA GUERRA COL COVID-19 E POI POTREMO ANCHE DILANIARCI

A Napoli, dopo l’annuncio del presidente della regione Campania Vincenzo De Luca in una drammatica e surreale conferenza stampa, sotto Palazzo Santa Lucia sede della Presidenza della Regione, nella serata di ieri si è scatenata la corrida con l’alibi della contestazione ai provvedimenti di chiusura degli esercizi commerciale alle ore 23,00.

Nicola Di Iorio

Non entro nel merito delle presenze confuse tra i pochi imprenditori scesi in piazza, ma stigmatizzo l’attacco alle forze dell’ordine e , giustamente, il questore di Napoli, Alessandro Giuliano ha precisato che «Questa sera abbiamo assistito a veri e propri comportamenti criminali verso le forze dell’ordine. Nessuna condizione di disagio, per quanto umanamente comprensibile, può in alcun modo giustificare la violenza»

Napoli in quelle strade non c’era, c’era dell’altro tra scooter rombanti e tattiche di guerriglia. Napoli è nobile, colta e capace di produrre idee planetarie e proposte. La sua storia lo insegna.

Naturalmente il problema c’è tutto e si nasconde bene anche tra le inefficienze e le dimenticanze della pubblica amministrazione, centrale e periferica.

Il lockdown di primavera doveva servire a “pulire” il territorio e ad utilizzare il tempo concesso per approntare le linee di difesa, a cominciare da quelle sanitarie per arrivare a quelle economiche.

Qualcosa è stata fatta, a partire proprio dalla Campania dove sono comunque sorti dal nulla interi reparti ospedalieri, se non proprio ospedali e dove sono state applicate misure di aiuto all’economia e alle persone che si sono aggiunte agli aiuti statali. Così come è stato importante la decisione a livello europeo di intervenire in aiuto ai singoli stati con il Recovery Fund e lasciando fuori, al momento, per volontà nazionale, il famigerato MES.

Ma non è stato possibile predisporre interventi più strutturali, anche perchè il lasso di tempo è stato davvero esiguo. Quindi il problema c’era e continua ad esserci, con qualche profilo di miglioramento da un lato e di aggravamento, dall’altro.

Nessuna meraviglia se a scendere nelle piazze italiane, anche nei prossimi giorni, sarà un misto di rabbia, di repulsione, di preoccupazione.

Diciamolo chiaramente, ancora non si è capito che con un decreto amministrativo il Covid-19 non va via.

Se Conte, Fontana, Zaia, De Luca, Emiliano o altri emanano un provvedimento è solo per tentare di indirizzare i comportamenti delle persone verso modalità idonee ad evitare il propagarsi della malattia. Solo questo possono fare e questo devono fare per salvare vite umane.

Naturalmente ogni loro decisione produce effetti.

Però quello che devono evitare è mandare messaggi fuorvianti. Hanno l’obbligo di essere chiari. De Luca, votato solo un mese fa con una maggioranza da politburo sovietico, in fondo nella sua conferenza stampa è stato chiaro, ancor di più se lo si paragona alle ordinanze emanate a getto continuo.

Più che incendiare la piazza, chi non concorda con i contenuti della conferenza stampa di De Luca, avrebbe fatto meglio a contrapporre altre opinioni o altre idee, in grado di sostituire quelle del Governatore campano. Non serve a nulla alzare ghigliottine nelle piazze e nelle strade, il problema non si risolve e il Covid-19, pronto sempre di più a mordere, si fa delle crasse risate

Quando, a primavera scorsa, è terminato il lockdown il messaggio che è passato, volente o nolente, è stato che il virus era stato sconfitto.

Come cani abituati alla catena e poi liberati le persone hanno sciamato, viaggiato, festeggiato, abbracciato, bevuto, mangiato e vissuto come non ci fosse un domani. Invece, inconsapevolmente, hanno solo creato le condizioni per consentire al virus di sopravvivere in attesa di qualche errore. Errori che puntualmente sono arrivati.

Allentare i cordoni di sicurezza, aprire le scuole, senza prima risolvere altre problematiche come quelle dei trasporti, aver fatto una campagna elettorale con incontri e riunioni, hanno fatto da vivificatore del virus.

La storia delle mascherine è emblematica. Tutti a contestarle. Invece era ed è un semplice presidio a tutela della salute di tutti. È sufficiente? Certamente no, ma qualcosa fa.

Covid-19 è un virus che ha una caratteristica cormai conosciuta da tutti, si riproduce e si moltiplica grazie ai contatti e alle relazioni sociali. Quindi si combatte con l’isolamento sociale. Se si avesse la possibilità di vivere in una bolla sterile si registrebbe un rischio di contagio ridotto praticamente a zero, ma non è possibile.

Quindi servono norme per regolare il contatto di ognuno con gli altri. Ovviamente in questo modo il rischio si riduce, si attenua ma non si annulla.

Tutti i provvedimenti impattano con il modo di vivere e con l’economia. E qui giungono i veri problemi. Alcuni Paesi, nel mondo, hanno scelto di far circolare il virus per consentire di non arrestare il motore produttivo nazionale. Ma i dati sono li a dimostrare che hanno sbagliato i calcoli e stanno pagando a caro prezzo la loro scelta.

In Italia, come quasi sempre, si sono fatte poche scelte vere.

Il messaggio del Governo centrale, affidato ai bonus è stato davvero fuorviante inducendo il cittadino a pensare di aver debellato il Covid-19 proponendo al mondo il modello italiano, fatto di serenate, concerti e partite di tennis sui balconi e le terrazze delle città.

I bonus dicevano ai cittadini di andare in vacanza, di andare nei ristoranti, di comprare bici e monopattini. I più giovani in particolare, ma non solo loro, hanno deciso di viaggiare ovunque facendo, inconsapevolmente, del loro corpo il veicolo del virus e portandolo come atroce regalo alle proprie famiglie.

Il Governo, per il futuro, farebbe meglio a sovvenzionare direttamente le attività lese, ma mai più utilizzando i bonus. In cambio però si dovrà pretendere il rispetto assoluto e senza esitazioni delle norme da parte degli esercenti. In caso contrario le attività vanno chiuse per negligenza ed imperizia del gestore. Senza alcuna misericordia.

Ora anche i moti di piazza non servono. Dobbiamo prima vincere la guerra col Covid, al quale la scienza deve dare il proprio decisivo contributo. Anche questi santoni di medici ed esperti hanno necessità di essere chiari, se no non parlino più. E’ tempo che la scienza operi solamente e cerchi terapie e vaccini, se ne è capace.

Conte è in evidente difficoltà ma anche la sua opposizione non sta facendo una gran figura.

Ora chi non sa essere chiaro stia a casa. De Luca, di cui in tanti pensano che nel tempo ordinario non sia stato particolarmente bravo a governare la Campania, in un tempo difficile si sta dimostrando una persona chiara e con gli attributi. Seneca sosteneva che il bravo nocchiero si vede nel mare in tempesta e non nella bonaccia.

I provvedimenti però devono essere calati sul territorio nel rispetto delle loro specificità. La Campania costiera ha problemi diversi dalla Campania interna e questo va considerato nel prendere decisioni in ogni settore, dalla scuola alla ristorazione.

Ora però dobbiamo tirarci fuori dal pantano dei numeri impressionanti del contagio che odorano di disperazione e morte.

Il tempo per dilaniarci, come gli esseri umani sono tristemente abituati a fare, arriverà, ma ora non è il tempo. Ora ci tocca adottare comportamenti e orientare i pensieri per essere virtuosi per rispettare se stessi, la comunità e le future generazioni. Questo non è il tempo di Robespierre ma è il tempo della coralità, nel rispetto di tutti.

Aiutiamo chi si ammala, aiutiamo tutte le attività, aiutiamo le imprese e i lavoratori. Utilizziamo ogni risorsa per uscire dall’emergenza. Ma attenzione, una volta usciti non si ritorni al prima, ai comportamenti dissennati. Abbiamo sbagliato una volta, non sbagliamo ancora un’altra volta, non ci saràuna terza possibilità.

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