La nostra opinionista, Barbara Ciarcia, ha voluto esprimere, sulla base anche della propria personale esperienza, una sua prima valutazione su quanto si sta verificando nel mondo della scuola italiana in attesa dalla sua riapertura.
C’era una volta l’appello in classe. Oggi c’è la misurazione della temperatura della classe. I tempi cambiano e cambiano di conseguenza le modalità d’inizio delle lezioni.
La funzione del docente, formatore dei futuri cittadini, è ridotta a una mera sorveglianza sanitaria.
La scuola, istituzione per eccellenza, svuotata degli arredi per garantire più spazio, e quindi più distanziamento agli studenti, rischia di diventare un contenitore vuoto non in termini di didattica ma di socializzazione. Il momento solenne del suono della campanella è un sinistro campanello d’allarme socio-sanitario nel Paese dove la scuola è finita in fondo alla graduatoria dei problemi irrisolti. Che desolazione una scuola che non favorirà certo l’aggregazione e la relazione tra gli alunni ma dovrà assicurare soprattutto il rispetto del distanziamento sociale in base alla stringente normativa anti-covid. Vietato ogni contatto umano tra docente e alunni e tra gli stessi limitati negli spostamenti in aula e negli ambienti scolastici.
Nel disordine delle disposizioni in vista della ripartenza del nuovo anno scolastico al momento c’è una sola certezza: l’ordine in classe.
Il Covid ha ripristinato almeno la disciplina nelle aule e abbassato il volume degli schiamazzi per via dell’uso obbligatorio delle mascherine che attutiscono i toni vocali. Come sarà il nuovo, e decisamente anomalo, anno scolastico che verrà è ancora prematuro prevederlo.
Possiamo solo immaginarlo alla luce delle balzane restrizioni di movimento di docenti e discenti votate a garantire innanzitutto il benessere sanitario della comunità scolastica.
Per quello didattico ci sarà tempo, forse.
