La questione: “riapertura delle scuole, sì o no?” oramai torna sulla bocca di tutti una volta al mese.
Mentre la politica si divide tra chi usa la retorica per spiegare come opporsi alla riapertura equivale a negare agli studenti il diritto all’istruzione e chi ritiene che la priorità della riapertura andrebbe data alle strutture che permettono all’economia di continuare a sostenere il paese e le famiglie, gli studenti sembrano sempre più insofferenti alla situazione e sempre più pronti a protestare.
Armati di megafono e striscioni, ragazzi e ragazze scendono in piazza, chiedono com’è possibile che l’argomento riapertura e tutela degli studenti non sia MAI stato prioritario per i parlamentari durante tutta l’estate, ricordano al governo della promessa della costruzione di più autobus per evitare che il virus si diffonda durante il viaggio di andata e ritorno da scuola e urlando quanto sia assurdo che di 196 miliardi del recovery fund soltanto dieci vengano destinati all’istruzione e nove alla sanità.
Peccato che le stesse proteste mirate a far passare il messaggio: “Vogliamo che il governo mantenga le promesse fatte per farci tornare a scuola in sicurezza.” stiano venendo recepite dal ministero dell’istruzione e diffuse dai media come un: “vogliamo tornare a scuola a prescindere.”
Per permettere una efficace riapertura delle scuole in sicurezza sarebbe stata necessaria una preparazione che impegnasse il governo per tutta l’estate e che avvenisse con la collaborazione di tutti i partiti. Invece adesso, in un periodo in cui la sola maggioranza sta dimostrando di essere tutto fuorché unita, la “riapertura in sicurezza”, per quanto desiderata da tutti, sembra impossibile.