LA CRISI ITALIANA E’ ORMAI LA CRISI DEMOGRAFICA

Eccolo il mostro che sta mordendo alla giugulare il bel Paese.

Non è il Covid-19, che pure non intende lasciare in pace la Penisola. Non è nemmeno la ciclica presenza, a partire dal secondo dopoguerra di una crisi economica endemica, che ha trovato una speranzosa ancora di salvezza nelle nuove risorse europee, dopo averla trovata nel mitico “Quantitative Easing” targato Mario Draghi, nella sua veste di presidente della BCE.

In effetti con tale manovra, preannunciata nel famoso discorso del “whater it takes” del luglio 2012, la BCE ha attuato una politica di acquisto di titoli di stato e di altro tipo dalle banche al fine di immettere nuovo denaro nell’economia europea afflitta dalla crisi del 2008, partita dagli Stati Uniti d’America, con il default sui mutui sub prime e con la successiva crisi Greca.

Nicola Di Iorio

Nel 2020, il Covid-19 ha fatto precipitare in una crisi nera l’economia, non solo italiana ma soprattutto europea e, direi, mondiale.

Il debito pubblico galoppante, la difficile politica previdenziale e pensionistica, le complesse scelte di politiche fiscali e di investimento sono state e sono ancora al centro dell’attività dell’attuale governo, guidato sempre da Mario Draghi.

L’ex presidente della Bce ha assunto il ruolo di premier, con la condivisione generale di tutti i partiti, tranne Fratelli D’Italia, per assolvere sostanzialmente a due compiti fondamentali.

Il primo, quello di attuare serie ed incisive politiche sanitarie di contrasto al Covid-19, il secondo compito, quello di recuperare i rapporti con i partner europei e mondiali ed avviare una spesa virtuosa nell’ambito del PNRR grazie alle cospicue risorse messe a disposizione dall’Unione Europea.

Diamola tutta, il Governo ha sicuramente operato bene in entrambi i casi, tuttavia il compito assegnato non è ancora giunto alla parola fine.

C’è un fantasma che aleggia sui monti, sui mari e sulle pianure italiane ed è la previsione sul futuro demografico italiano che, come precisato dall’Istat, restituisce un potenziale quadro di gravissima crisi futura.

La popolazione residente è in decrescita, passando da 59,6 milioni al 1° gennaio 2020 a 58 mln nel 2030, a 54,1 mln nel 2050 e a, incredibile solo a dirsi, 47,6 mln nel 2070.

Il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050 mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale.

La crisi demografica morderà talmente forte sul territorio che, entro i prossimi 10 anni, l’81% dei Comuni avrà subito un calo di popolazione, l’87% nel caso di Comuni di zone rurali.

Previsto in crescita il numero di famiglie ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza tanto che, entro il 2040, una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non avrà figli.

Insomma la Penisola rischia di svuotarsi sotto il peso della mancanza di fiducia nel futuro, per le generazioni attualmente più giovani, mettendo in crisi ogni possibile politica di abbassamento della curva fiscale e ogni possibile politica di natura pensionistica e previdenziale.

Oggi fa più paura questo quadro che quanto ci propongono e ci restituiscono i bollettini sanitari.

La partita futura della crescita e dello sviluppo non potrà che giocarsi sul mantenimento e sulla tenuta demografica del Paese. Ma se non si avvieranno politiche serie di tutela della famiglia difficilmente potrà essere recuperata una nuova fiducia nel futuro.

L’assegno unico e la riduzione delle aliquote Irpef non possono che essere considerati dei semplici antipasti sperando che le risorse europee, unitamente alle riforme richieste in ogni settore, possano portare gli effetti sperati facendo aumentare la produttività e, quindi, la ricchezza del Paese.

L’alternativa, senza nemmeno citarla, sarebbe terribile.

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